sabato 31 ottobre 2020

Paura per sacrificio

Non rimane che riporre speranza nel vaccino, ansimano i governi, poiché i contegni della socievolezza si son risolti in un disastro, come pandemia naturalmente comporta; niente sapendo se l'immunità di gruppo possa spiegare superiore efficacia, sacrificio per sacrificio.
Corre difatti rovinoso il contagio, quanto liberi i cittadini di muoversi, un'equazione, dall'esecutivo già ponderato, chiaro, dal momento in cui è la legge medesima che contempla l'ipotesi dell'impossibilità dello spaziamento tra persone, difesa prima, conseguenza necessaria di quell'autonomia dell'agire tendenzialmente illimitata, cara alla modernità giuridica.
Omaggiando le identiche libertà, la stessa normativa quindi ammette la diffusione della piaga; cede in tal modo l'ordinamento di fronte le aporie del suo diritto, il campo dei tiranni, affatto investendo nella reale salvaguardia della salute, data alcuna separazione tra individui, specie laddove le maggiori difficoltà, in ospedali e case di riposo.
Giusto quando la cura degli errori, delle vicissitudini della gente l'unico motivo di essere dei governi, ai diritti la nazione rinuncia in parte: allorché riconosciuti, s'atteggiano a sicuro vettore d'infezione: qualora compressi, oberata la cittadinanza di carichi non solo odiabili, pure sterili alla salute.
L'obbligo del distanziamento fisico associato alla libertà di movimento non consiste d'altro canto in alcun valore, per quanto ragione impone: a tacer del salubre, come può in effetti dirsi franco un comportamento cui tanto agevolmente un proprio pari può interferire, appena esercitando in diversi l'arbitrio in questione?
Posto che a livello giuridico, alla luce del potere di ordinanza, nulla di ciò con l'altro contrasta, ridotto a unità dal provvedimento, al cagionevole fondamento del suddetto obbligo del resto ne sopperisce altro, di grande momento, a guardare la struttura del decreto, ovvero la vestizione dei congegni protettivi, con relativa eccezione. Certo, non usa il legislatore in questi termini esprimersi, abbracciando piuttosto l'ambiguità della formulazione. Attesa infatti la tutela della salute essenziale obiettivo del disporre governativo, beninteso, stride persino con la logica più banale l'imposizione, nella misura sonante “in qualunque caso”, dell'utilizzo della fallibile mascherina, salvo l'avverabile distanziamento, quasi a voler compensare, tramite la generalità della costrizione, proprio le conseguenze dell'esercizio appunto diffuso di una ineliminabile libertà di movimento, ferma l'impraticabilità della dispersione di ogni possibile schiera di persone.
La delibera, ecco, fuori da ogni ironia di tal guisa completo disimpegna l'affare, senza difetto, con discrezione. Una volta enunciata d'altronde, la legge non può che spiegare un'intrinseca giustizia, in quanto legge, ovverosia indicazione di una condotta considerata specificatamente giusta, niente potendo tuttavia tale indefettibilità incidere di valore e miseria dei significati adoperati alla cura dell'esistenza civile, veicolati dal diritto, quale coscienza per il d.p.c.m., nonostante in definitiva giustizia faccia sempre da medio.
Come dire, il medico non tanto stima del paziente le opache sensazioni, giacché in armonia con il malore, piuttosto perizia la salute dei sensi, poiché il sentimento non può dirsi scorretto, se sono i sensi a difettare.
Adesso, il suo presupposto sia la rappresentazione della volontà del popolo oppure l'espressione dei più valenti paladini, la legge è legge, non ha mancanza: ancora, serve l'esistenza, così da lei attingere, per offrile occasione di riflettersi. La legge pertanto può dirsi utile nei limiti della realtà, destata di conseguenza da un ordine di fenomeni maggiore della regola stessa, sicché sempre dispone di senso, alimento della sua autonomia. La legge dunque si colora della verità medesima, per come percepita, ebbene di una delle verità, in tutti i modi! nonché dei significati umani e sociali acquisiti, ecco, sia per esempio la fattispecie in questione illogica o meno.
        Cosicché, concorrendo svariati spostamenti, alla confusione rimedia l'indossare i dispositivi di protezione, non garanti dell'immunità dal contagio, tanto bastando all'amministrazione, altri arrangiamenti, nulla osta, i più sobri pur di non faticare a dividere la popolazione nelle costose strutture del caso, chi infetto, chi sospetto, chi rischia la vita, chi non soffre a tal punto.
Quale allora l'aspetto del senso cui tanto equivoca disciplina attinge? disponendosi peraltro la compressione della libertà di iniziativa economica?
Ancora, assunto di per sé compiuto il dettame, da quali circostanze, poste al di fuori della prescrizione, scaturisce la consapevolezza ispirazione dell'esecutivo?
Che spirito per la legge in esame?
Per rispondere, manifestate dal legislatore qualità per un verso financo tiranniche, nella misura della trasmissione alla cittadinanza di terribili paure, destinataria di ordini inauditi; avvolte in angosciosi timori, vite salvate e vite soccombenti.
        Insomma, per un contagio inarrestabile, per i disagi crescenti non rimangono che accomodamenti, sentimento del paese vuole, premesso che già la norma contempla tra persone vicinanza necessitata: leggi perciò nutrite di senso, certo e nondimeno irrazionale, in attesa del vaccino.
In un sola decisione incise pertanto la sanità della pòlis insieme a quel lavoro, fausto o meno, cui si dice nobilita l'uomo, fondante la Repubblica: incise ora nel nome di umili investimenti, altro che Cina, ora di una gratuita libertà di agire, eguale per tutti, chiaro, sussistente tuttavia purché non agiscano tutti, quasi che a comprimerla non sia la legge stessa bensì i cittadini vicendevolmente: sgradevole irrazionalità, che per giunta si presta all'epidemia.
Da qui certo spavento, in sintesi per via di un difetto di risolutezza.
Finalmente, diviene opportuno domandarsi, verificata l'esigua spendita del governo: costituirà forse il senso della normativa de qua il disimpegno dal tributo alla malattia?
Crediamo a tal proposito esista minutezza e vastità del sacrificio, con relative sostenibilità, tanto come del tributo ne sussiste la giustizia: “il fuoco non è uno, sono due, per ogni orbita”, cantano Iurchich e Di Gesù, proprio quando “due le forze in gioco, un solo movimento”.
Sacralità del dolore allora da intendere innegabile alla stregua del peso del gravame, sì, eppur ancor di più da ritenersi come volontà di elevare l'esistenza umana, inclusa la sua difesa, a dispetto di sofferenza e avvilimento.
Di nuovo, voler innalzare i pregi dell'uomo sulla difficoltà, anelando alla perfezione, per beneficiare dei doni più lieti del vivere.
Godrà il pianeta di cura incondizionata.
Mai casuale la malattia, di lei sia iraconda comprensione.
Questo il momento per togliere alla minaccia la vita.
Possa l'uomo essere antidoto.



                                                                                                             Alberto Mannino

mercoledì 30 settembre 2020

Alcunché osta siccome tutto seconda

Io sono, noi siamo, quale l'arbitrio più libero? E purtuttavia in obblighi imbattersi, chiaro! tra i primi quello scolastico, all'incrocio con il desiderio di conoscer, praticare, studiare le arti, i giochi, le scienze che piacciono ciascuno. Da qui servo arbitrio e libero arbitrio, fino ad autorità e libertà: dicotomie che il regno umano alimentano.
Invero dei due termini, entrambi, nel grado loro proprio. Be' e che grado l'essere! come verbo il suo uso assoluto non “determina” il soggetto ma soltanto lo pone come esistente, unico di tal specie, peraltro intransitivo. Io sono, noi siamo, finanche egli è, per quanto certo impareggiabile chi nei testi sacri. Sicché libertà significa essere, nella misura di trovarsi originati e nondimeno indefiniti, sospesi come in sogno, alcuna costrizione incidente, poiché essere in quanto tale non incontra margine, limite.
Un frutto d'amore, l'assoluto, coincide con il demiurgo la creazione, in una dimensione sottordine e tanto basta! io composto, per dirsi sovrano: senza amore non ci sarebbe alcun ente distinto e provvisto di figura nell'immensità, asserì il marchese di Maricá; l'indipendenza, ecco, nel divenire albergo rinviene, così congiunto, addolori o meno, dalla costrizione offeso: puoi goderne.
Seppur esistere sia dato, essere consiste da sé: una volta avviato, libertà sussiste e a ben guardare così è compiuta: di modo che non tanto autonomia dimora nell'azione bensì introspetto, nell'essere medesimo. Franche o imposte d'altro canto saggezza le opere guiderà sempre.
Così sperimenta, o avventuriero, sperimenta quanto l'esistenza può offrire! arte tra le arti – canta José Martì – montagna tra le montagne; essenza mai incisa, né abbandonato, dalla conoscenza verrai condotto.
Adesso, presente un obiettivo, presenti delle leggi, presente la giustizia, come puoi dire, o giocatore, di non essere libero? guerriero, la lotta tua come intonasse! dea, la bellezza tua sgomenti! con qual gusto potrà l'imbroglione tanto sofisticare?
        Il senso prezioso la qualità, il giudizio pertanto abita l'interiore; l'uno e l'altro accedono a percezione, vita eccellente da avvertire, costituzione, per nulla incompreso l'estrinseco. 
Sosteneva il santo Agostino, ama e fa' ciò che vuoi.
Cifra della prova, finalmente, del saggio viva, uomo, viva il tuo sentire! sia magnifico e sontuoso, meraviglia tra i chiarori...



                                                                                                             Alberto Mannino